Benefici del trattamento anticoagulante nei pazienti con fibrillazione atriale dopo infarto miocardico
Le linee guida americane ed europee non concordano riguardo al trattamento antitrombotico nei pazienti con fibrillazione atriale ed infarto miocardico acuto.
Ricercatori svedesi hanno valutato l’influenza del trattamento con anticoagulanti per os sulla mortalità ad 1 anno nei pazienti dimessi dall’ospedale con fibrillazione atriale dopo infarto miocardico acuto.
Lo studio di coorte, prospettico, ha utilizzato i dati del Register of Information and Knowledge About Swedish Heart Intensive Care Admission ( RISKS-HIA ) riguardanti i pazienti ricoverati presso un’Unità di Cura Coronarica ( UCC ) di 72 ospedali in Svezia tra il 1995 ed il 2002.
Lo studio ha riguardato 6182 pazienti con infarto miocardico acuto e fibrillazione atriale.
I dati di mortalità ad un anno sono stati ottenuti dallo Swedish National Cause of Death Register.
Solamente al 30% ( 1848/6112 ) dei pazienti è stata prescritta terapia anticoagulante.
Ad 1 anno la mortalità ( valore non aggiustato ) è stata del 31% ( 1183 morti ) tra i pazienti trattati con inibitori dell’aggregazione piastrinica e del 22% ( 414 morti ) tra i pazienti trattati con anticoagulanti.
All’analisi di regressione di Cox con aggiustamenti per i fattori confondenti, il trattamento con anticoagulanti è risultato associato ad una riduzione della mortalità ad 1 anno ( rischio relativo: 0.73; p < 0.001 ) nei pazienti sopravvissuti all’infarto miocardico acuto, e con fibrillazione atriale.
La riduzione della mortalità era dovuta ad una minore incidenza di morte per cardiopatia ischemica ( 55.6% versus 62% ) ed ictus fatale ( 5.7% versus 7.5% ) nel gruppo trattato con anticoagulanti.
I dati dello studio hanno mostrato che la terapia anticoagulante è stata prescritta solo ad una minoranza ( 30% ) dei pazienti con infarto miocardico acuto e fibrillazione atriale, nonostante che il trattamento anticoagulante fosse associato ad una riduzione relativa ed assoluta della mortalità ad 1 anno del 29% e del 7%, rispettivamente. ( Xagena2005 )
Stenestrand U et al, Circulation 2005; 112: 3225-3231
Cardio2005
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